Oggi ci chiediamo se anche i dipendenti iscritti all’Inpgi ( Istituto Nazionale di Previdenza dei giornalisti italiani) e non quindi all’Inps possono partecipare ai corsi finanziati dai fondi interprofessionali.
I contributi obbligatori sono quelli dovuti all’INPGI, in parte dal datore di lavoro (pubblico o privato) ed in parte dal lavoratore, ogni qualvolta si instauri un rapporto di lavoro subordinato a carattere giornalistico tra un’azienda e un giornalista professionista, praticante, pubblicista.
Come sappiamo tutte le imprese private e, dal 2009, le pubbliche e le ex esercenti pubblici servizi versano l’1,61% del monte salari come contributo obbligatorio contro la disoccupazione involontaria.
All‘Inpgi il giornalista deve pagare, quale quota a proprio carico, solo un’aliquota IVS che è pari all’8,69% della retribuzione. All’Inps, invece, è posta a carico del lavoratore un’aliquota IVS che dal 1° gennaio 2007 è pari al 9,19%. Quindi, mentre i giornalisti iscritti all’ Inpgi pagano soltanto l’8,69%, coloro che sono iscritti all’Inps devono versare complessivamente il 9,19% della retribuzione.
Per i giornalisti le prestazioni di maternità restano a carico dell’Inps anche in assenza del relativo contributo. Le aziende sono comunque tenute a dichiarare all’Inps le tribuzioni imponibili dei giornalisti a carico.
Sono autorizzati ed indennizzati a carico dell’INPS anche i permessi ex lege 104/92 ed il congedo straordinario per l’assistenza ai familiari portatori di handicap grave.
Per i periodi indennizzati dall’INPS, l’INPGI provvede – a richiesta – al solo accredito della contribuzione figurativa.
Legge 845/1978 (titolo 4)
Con la legge del 21 Dicembre 845 del 1978, i giornalisti dipendenti da aziende rientranti nel campo di applicazione della CIGS pagano all’INPGI un contributo aggiuntivo pari allo 0,10%, coloro che sono iscritti all’INPS devono versare invece un contributo aggiuntivo dello 0,30%.
Legge 388/2000 (titolo 4)
Con la legge 388/2000 tutte le azioni che versano lo 0,30%, possono scegliere di destinarlo a un Fondo interprofessionale per la formazione continua. Ogni Fondo, quindi, riceve ogni anno risorse proporzionali al numero dei lavoratori occupati nelle imprese che lo hanno scelto e impiega per finanziare la formazione delle medesime imprese.
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